Le riflessioni che seguono sono tratte dal capitolo di Edwin Bernbaum “Il significato spirituale e culturale della natura: ispirare connessioni tra le persone e i parchi,” che si trova nel libro Science, Conservation and National Parks.
Ho trovato le riflessioni di Bernbaum molto interessanti. Mi hanno fatto pensare ai lavori che stanno facendo per ora su Monte Pellegrino, di cui ho già scritto. Secondo me il problema di questi lavori è che sono basati unicamente sul tipo di conoscenza che Bernbaumm riassume con il verbo “sapere.”
Abbiamo due tipi di conoscenze complementari che devono essere incorporate nella gestione delle aree protette: sapere e conoscere.
Il primo tipo di conoscenza comporta sapere di qualcuno o qualcosa. Questo tipo di conoscenza, che potremmo definire oggettiva, corrisponde alla conoscenza scientifica. È descrittiva ed esplicativa e tende alla generalizzazione e all’astrazione teorica. Si concentra sull’oggetto della conoscenza e cerca di eliminare l’osservatore o il soggetto, in modo che sentimenti, valori, credenze e altri fattori soggettivi non interferiscano con l’accuratezza della registrazione dei dati e della teorizzazione. Si sforza di essere il più possibile priva di valori e oggettiva.
Il secondo tipo di conoscenza comporta conoscere qualcuno o qualcosa direttamente o intimamente. Questo tipo di conoscenza, che potremmo chiamare conoscenza soggettiva, è quella che una persona ottiene attraverso l’esperienza diretta o attraverso esperienze profondamente sentite evocate da storie, poesia, arte, musica o modi tradizionali di conoscenza. Invece di tendere all’astrazione e alla teoria, sottolinea l’unicità concreta e l’immediatezza di ciò che vediamo e sperimentiamo.
Anche se la chiamiamo soggettiva, questo tipo di conoscenza non è una questione di mera soggettività, ma è piuttosto un’evocazione di esperienze soggettive di una realtà oggettiva. Queste esperienze rivelano aspetti della realtà che non sono accessibili a un approccio puramente oggettivo alla conoscenza.
La conoscenza soggettiva è importante per la conservazione della natura perché stabilisce un legame intimo con essa che motiva le persone a prendersi cura dell’ambiente e a proteggerlo. Storie, poesie, opere d’arte e visioni tradizionali delle caratteristiche naturali aiutano a superare la dicotomia soggetto-oggetto che ci separa dalla natura e razionalizza la distruzione e la profanazione dell’ambiente nell’odierno mondo prevalentemente economico.
La conoscenza scientifica oggettiva, pur con tutti i suoi grandi usi e benefici, tende a separare l’osservatore dall’osservato, ponendo una distanza tra l’uomo e la natura. La conoscenza soggettiva compensa questa tendenza e integra la conoscenza scientifica, in modo da ottenere una comprensione più completa e ricca del mondo naturale e del nostro rapporto con esso.
I gestori di parchi e aree protette possono migliorare la loro missione chiave di conservazione dell’ambiente includendo le competenze e le capacità di poeti, scrittori, artisti, detentori di conoscenze tradizionali e studiosi di scienze umane, oltre che di scienziati naturali e sociali, nei loro programmi di interpretazione, gestione e governance.
Entrambi i tipi di conoscenza, soggettiva e oggettiva, sono necessari per conoscere la natura nel suo senso più completo e per stabilire connessioni che assicurino un sostegno sostenibile e a lungo termine ai parchi e alle aree protette.
(Il testo, che è stato riadattato, è tratto da https://gognablog.sherpa-gate.com/conoscenza-oggettiva-e-soggettiva/, © Edwin Bernbaum e University of Chicago Press)
Lascia un commento