Il TAR ha respinto il ricorso presentato dalle associazioni ambientaliste contro la costruzione di un’imponente struttura sulla cima del Monte Mufara da parte dell’Agenzia Spaziale Europea. Lo ha respinto, ma non lo ha nemmeno valutato, dicendo che ormai era troppo tardi.
Sembra assurdo, ma è così—come se la protezione del paesaggio non fosse importante.
Nessuno degli argomenti di merito è stato preso in esame. Viene davvero da chiedersi se il problema non sia innanzitutto culturale. I giudici del TAR che hanno preso questa decisione hanno a cuore la natura? Le montagne hanno un valore per loro? C’è da dubitarne, perché una persona che ritiene importante difendere il paesaggio dal cemento avrebbe almeno preso in considerazione gli argomenti. Invece no. Niente.
In televisione hanno intervistato l’avvocato dell’Ente Parco delle Madonie, che si è detto soddisfatto della decisione del TAR. Avete capito bene—soddisfatto. D’altronde, sin dall’inizio, il parco si è detto a favore di costruire sulla cima di una delle sue montagne dove c’è un vincolo di inedificabilità assoluta.
Si ripete così uno degli aspetti peggiori di questa storia, cioè il fatto che quelle istituzioni che dovrebbero proteggere la natura (l’Ente Parco, l’Assessorato Regionale all’Ambiente) hanno lavorato assiduamente per violare tutte le norme esistenti e consentire la costruzione dell’edificio.
Un nuovo aspetto è che l’Agenzia Spaziale Europea adesso sostiene di godere di un’immunità di giurisdizione, come se fosse al di sopra delle leggi dello stato italiano e delle norme costituzionali. Da un lato, insistono che devono installare il loro telescopio sulla Mufara (in Italia); dall’altro, sostengono che le leggi italiane non si applicano a loro. Questo è grave.
Il TAR, con il suo disinteresse nei confronti della protezione del paesaggio, ha negato il diritto di accesso alla giustizia a tutti quei cittadini che invece l’hanno a cuore.
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