Sulle Madonie, nel territorio di Castelbuono, esisteva un bellissimo punto panoramico da cui si potevano ammirare, tra le altre cose, la Rocca di Gonato, il bosco del Vicaretto e la valle del torrente che scende dalla gola di Pizzo Canna, ma anche Piano Farina e Geraci Siculo, fino all’Etna, quando c’era buona visibilità.
Il punto si trovava sopra Piano Sempria, lungo la stradella forestale che dal Rifugio Crispi porta a Piano Pomo. Dico “si trovava” perché questo punto non esiste più. È stato ricoperto di brecciolino e da una pedana in legno, cinto da una staccionata, e decorato con una panchina e un tavolo da picnic. Dove prima c’era natura montana, ora c’è un pezzo di villetta comunale.
Questo è un ottimo esempio di quella mancanza di visione dei parchi regionali denunciata qualche settimana fa dal Club Alpino Italiano Sicilia, Legambiente Sicilia, il WWF Sicilia e la LIPU Sezione di Palermo.
Sono passato da quel punto tante volte, e quando l’ultima volta l’ho trovato stravolto, ho provato un fortissimo senso di rabbia e delusione.
Le roccette che affioravano dal terreno sono state coperte dalla pedana in legno e dal brecciolino, che è stato versato in abbondanza tutto attorno. In un parco naturale che si pregia del marchio Geopark UNESCO, abbiamo coperto le rocce del luogo con un prodotto dell’industria edile. Complimenti.
Per potere versare il brecciolino e livellare il terreno, sono stati costruiti dei filari di pietre che prima non esistevano, essendo quello un luogo naturale. Su queste pietre sono state installate delle staccionate, anch’esse del tutto estranee al paesaggio.
Per accomodare la pedana, sono stati tagliati alcuni alberi, che ora giacciono, secchi, poco sotto la struttura. E dire che siamo in un parco, dove “la natura è protetta”. L’unico albero lasciato in piedi è stato potato per renderlo tutto ordinato. Ora sembra una specie di pianta da vaso. Nulla a che vedere con le forme uniche e spontanee che hanno gli alberi della zona, se lasciati in pace.
Perché si è fatto tutto ciò? Sicuramente per “valorizzare” e “mettere in sicurezza”.
Prima, in quel punto c’erano delle roccette, non un pavimento praticamente piatto. Ovviamente, al camminatore che voleva avvicinarsi per ammirare il panorama, bastava guadare dove metteva i piedi, cosa che è sempre importante fare quando si va in montagna. Bisognava trovare la posizione giusta, poi si potevano scattare delle foto. Evidentemente qualcuno ha ritenuto questo troppo pericoloso e faticoso. Meglio coprire tutto col brecciolino e metterci sopra una pedana.
Un lato del punto panoramico è in discesa. Non c’è un dirupo, ma una semplice pendenza (d’altronde, ricordiamolo, siamo in montagna, non in città). Ma evidentemente qualcuno ha ritenuto che questo lato fosse così pericoloso da meritare una bella staccionata. Anche in questo caso, bastava tenere gli occhi aperti; non c’era bisogno di rovinare il paesaggio costruendo strutture che nulla hanno a che fare con i luoghi.
Tutte queste modifiche sono state chiaramente ispirate da una visione “turistica”, nel peggiore senso della parola. Non il turista che rispetta la natura e vuole conoscerla per come essa è, magari facendo qualche sforzo, ma il turista che vuole arrivare in un bel punto, magari con le scarpe da tennis, farsi quattro selfie da postare sui social, e andare via. Più è facile fare questa cosa e meglio è.
Probabilmente gli alberi sono stati tagliati anche per non ostruire il panorama. La pedana stessa, poi, è pensata per fotografare quello che si vede in lontananza. Nessuno si è posto il problema che se uno volesse fotografare il punto in questione, adesso si troverebbe davanti una pedana, una panchina e un tavolo.
È lo stesso approccio assurdo delle panchine giganti. Esiste una zona panoramica molto bella. Bene, mettiamogli una panchina gigante per farci i selfie mentre guardiamo il panorama. Nel frattempo, roviniamo quel punto con una panchina gigante.
Così si “valorizzano” i parchi e le aree protette oggi—rendendoli più simili ai comodi ambienti urbani. Ormai è un fenomeno ampiamente diffuso (vedi il caso recente della Riserva Naturale di Monte Pellegrino a Palermo).
Chi è responsabile di questo scempio non dovrebbe svolgere il lavoro che fa. Dubito che sia una persona che frequenta la montagna per quello che di diverso essa ha da offrire. Probabilmente ci va sempre in macchina (in 4×4) e mai a piedi (in escursione). Certamente non ha idea di cosa vuol dire proteggere il paesaggio.
Sono sicuro che molte persone, leggendo questo articolo, penseranno “Che esagerazione! A me pare bello anche così” e “Mariaaa! Bisogna sempre lamentarsi!”.
È chiaro che tutto è relativo. Ovviamente il punto in questione può risultare piacevole anche nello stato in cui è ridotto, se uno lo paragona ai territori in cui viviamo. Diciamo che è piacevole come può esserlo un giardinetto pubblico in una grande città. Prima però era meglio, perché era natura non modificata dalla mano umana. Perché cambiarlo?
Il punto è questo. Non c’era motivo, ed è stato peggiorato, non migliorato. Di questo ci si deve lamentare. Il problema non è chi si lamenta, ma chi opera senza criterio e senza rendere conto a nessuno.
Lo scopo di un parco naturale deve essere quello di preservare e possibilmente aumentare il grado di naturalità dei luoghi. Pedane, brecciolino e tavoli da picnic non hanno nulla a che fare con la montagna. Metterli dove prima non c’erano è un atto che va contro tutto ciò che un parco dovrebbe fare.
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