Da più di un mese, ogni volta che apro un gruppo di escursionismo su Facebook, vedo quasi esclusivamente post di persone che parlano di “foliage”. Mi pare che ci sia un bombardamento mediatico basato su questa parola, tra gallerie d’immagini di gente che si è fatta un sacco di selfie davanti ad alberi rossicci e guide varie che promuovono l’“ultimo foliage della stagione” nei loro eventi.
Ma da dove viene questo termine? A giudicare dal modo in cui è pronunciato, si direbbe dalla Francia.
Non è così. In francese, la parola “foliage” non esiste. Esiste “feuillage”, che si pronuncia in maniera in qualche modo simile (anche se un francese si metterebbe a ridere). “Foliage” è una parola inglese, che si pronuncia in maniera del tutto diversa da come la pronunciamo in italiano (basta cercare online). Sia il termine francese che quello inglese vogliono dire “fogliame”, ma in italiano il termine ha assunto un significato molto più specifico.
Il vocabolario Zingarelli definisce il foliage come il “fenomeno autunnale consistente nel progressivo trascolorare delle foglie dal verde a varie tonalità tra giallo e marrone”, mentre il Devoto-Oli parla della “variazione autunnale del colore delle foglie degli alberi dal verde al giallo e alle diverse gradazioni del rosso”.
In pratica, il significato italiano corrisponde all’inglese “autumn foliage”, le foglie dell’autunno, o come dicono gli americani, “fall foliage” (in inglese americano autunno si dice anche “fall”). Ed è proprio dal Nord America che arriva questa moda, soprattutto dalla sua costa orientale, dove il fenomeno descritto dai vocabolari è particolarmente presente a causa delle caratteristiche dei boschi di quella zona, che sono pieni di specie a foglie caduche, soprattutto aceri. Anche il clima della regione tende ad accentuare il fenomeno. Gli sbalzi termici causati dalle irruzioni di aria fredda provenienti da nord esaltano i processi che inducono il cambio di colore delle foglie.
Negli Stati Uniti questa moda si è diffusa così tanto che esistono siti sul livello di avanzamento del foliage, aggiornati giornalmente, per potere raggiungere i luoghi nel momento migliore. Pare assurdo, ma è così.
Per carità, il fenomeno naturale delle foglie che invecchiano può essere molto bello (anche se non sempre—alcuni alberi diventano marroni senza nessuna particolarità), ma qui parliamo di una moda chiaramente legata ai social. La natura ridotta ad hashtag (#foliagesiciliano). Questo si vede molto bene nel modo ossessivo con cui viene ripetuta la parola foliage, che serve a mostrare che si sta partecipando a questo trend. L’autunno è di tendenza.
Come viene fatto notare in questo articolo, “foliage” è un termine superfluo perché non riempie nessun vuoto lessicale o semantico. Bastava la vecchia espressione “colori autunnali” per descrivere il fenomeno naturale. Ma ormai non basta più, perché la parola giusta per i social è “foliage” (pronunciato alla francese, ovviamente).
Certe volte mi chiedo quante persone sarebbero interessate al fenomeno se non potessero fotografarlo col telefonino e diffondere le proprie foto su Facebook o Instagram (magari con qualche filtro che aumenta la saturazione dei colori). A questo proposito, è interessante una recente riflessione di Luca Rota, di cui riadatto un passaggio di seguito.
“In tanti frequentatori della montagna io vedo mancante la volontà di conoscere, cioè la curiosità, l’immaginazione che luoghi così speciali sanno stimolare, e che invece quelli vivono e frequentano come fossero uguali a tanti altri e dai quali conta solo ricavare una ‘soddisfazione’ meramente ludica di matrice consumistica, da ostentare poi nei soliti futili modi consentiti dai social media. Non conta dove si è e la valenza che il luogo ha, ma come lo si può sfruttare per il proprio godimento ovvero per come l’odierna società dei consumi impone di fare. L’immaginazione è soffocata dalla materialità, la conoscenza non viene né ricercata né alimentata. Per giunta, il tutto viene reso funzionale ai tornaconti dell’industria turistica, che induce e alimenta questa modalità di frequentazione dei territori montani in vari modi, innanzi tutto con un marketing conformista e banalizzante.”
Insomma, finché non impareremo a godere della natura in maniera meno mediata dalla tecnologia, non riusciremo mai ad apprezzarla veramente. Finché la natura sarà solo un mezzo per ottenere qualcos’altro (riconoscimento sui social), essa non diventerà mai qualcosa che va protetta perché ha un valore intrinseco.
Lascia un commento